Per i mundari le vacche non sono soltanto una dispensa ambulante, ma anche una farmacia, una forma di valuta e una dote per le nozze I pastori si scaldano con il loro sterco e si lavano con la loro urina.

La simbiosi con le vacche

Per i Mundari il bestiame è tutto.

di Giulio Montini

Il loro stile di vita è completamente dedicato alla cura delle vacche dalle grandi cor-na, le Ankole-Watusi, conosciute anche come “il bestiame del re”. Questi bovini crescono anche oltre i due metri in altezza (comprese le corna naturalmente) e possono valere fino a 500 dollari l’una. E’ facile capire che ogni bovino è talmente pregiato che raramente viene ucciso per la sua carne. Piuttosto, è considerato una sorta di dispensa ambulante, ma anche una farmacia, una dote per i matri-moni e soprattutto un amico. I Mundari dor-mono tra il loro bestiame, coricati a ridosso dei cumuli di sterco che brasa e fuma 24 ore al giorno. Il calore intiepidisce le loro notti all’aperto. Unica concessione alla modernità, il kalashnikov AK47 sempre al fianco, che serve come deterrente per i ladri di bestiame, che purtroppo rendono reale un problema a noi lontano anni luce. Le mucche vengono considerate non solo una forma di valuta, ma anche uno status symbol. In occasione di un matrimonio, lo sposo offre un discreto numero di capi alla famiglia della sposa e un uomo può prendere tante mogli quante ne può mantenere con il suo bestiame. I Mundari mantengono ancora vive arcaiche tradizioni come la radicata spiritualità animista, anche se da qualche tempo la religione cristiana ha guadagnato la fiducia di molti, convivendo comunque con l’animismo. Può capitare, dunque, anche di trovare Mundari con la corona del rosario al collo. Una pratica molto diffusa, comune anche ad altre etnie nilotiche, è quella della scarificazione rituale. Ai giovani che si apprestano al passaggio verso l’età adulta vengono praticati una serie di tagli sulla fronte a forma di “V”, le cui cicatrici resteranno indelebili per tutta la vita e saranno il simbolo di appartenenze a questa etnia. La giornata al campo Mundari inizia molto presto. Alle prime luci dell’alba i più giovani hanno il compito di mungere le vacche. In questo frangente è facile vedere ragazzi che fanno colazione bevendo direttamente il latte dalla mammella della mucca. Un’altra pratica tradizionale, che tuttavia non trova riscontro medico, è quella di soffiare più volte nella vagina della mucca così da stimolare la produzione di latte. Ho visto fare questo ad un ragazzino che, incurante dell’aspetto igienico, immergeva letteralmente il viso nelle parti intime dell’animale e soffiava con forza. Fatto ciò, il ragazzo avvicinava il viso al muso della mucca e si faceva leccare. Questa connessione così stretta ha comunque anche lo scopo di rafforzare il rapporto tra il Mudari e il suo animale. Ma c’è anche di peggio… Sempre nelle prime ore del mattino, è pratica quotidiana lavarsi con l’urina della mucca. Questo viene fatto chinandosi direttamente sotto il flusso di urina, lavandosi capelli, viso, mani e braccia. La proprietà antibatterica dell’urina è considerata un antisettico contro le infezioni e l’ammoniaca presente ha un effetto colorante sui capelli, rendendoli rosso-arancione. Questo colore è un vanto e segno di purezza per i Mundari. Sbrigate queste pratiche, le mandrie si preparano per l’uscita quotidiana verso i pascoli. Ad accompagnarle ci sono sempre gli uomini con l’inseparabile kalashnikov sulle spalle. Per alcuni motivi che non ho approfondito, solo pochissimi animali restano al campo, che già alle 8 del mattino è completamente svuotato. Ed è proprio ora che inizia il lavoro più duro per i ragazzini rimasti. Il loro compito è quello di raccogliere lo sterco depositato durante la notte e ripulire le piazzole dove hanno dormito le mucche. Tutto questo viene fatto a mani nude, in ginocchio tra la polvere. Questa operazione ha un’importanza vitale per la comunità. Lo sterco raccolto viene depositato in grandi cumuli sparsi in tutto il campo. Sotto questi cumuli una brace continua fa si che lo sterco bruci molto lentamente, in gergo si direbbe “brasare”. Dalla brasatura si forma un fumo denso e acre che inonda tutto il campo creando un’atmosfera quasi irreale, dove le sagome degli uomini entrano ed escono da quinte oniriche e i raggi del sole in controluce colorano di rosso e arancione tutto l’ambiente. E’ una situazione fantastica per un fotografo, davanti al quale si presentano situazioni di vita quotidiana immerse in scenari quasi irreali. L’aspetto pratico di questo fumo è quello di scacciare gli insetti. Durante le ore più calde del giorno le attività si placano e chi è rimasto al campo si riposa all’ombra di grandi piante, per trovare riparo dal sole feroce.

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